SPERANZE D’ANNUNZIO, ANSIA CENTROPADANE novembre 2011

Brescia scommette sull’aeroporto di Montichiari

La tavola rotonda. Il presidente della Provincia a confronto con Rebecchi, Ruggeri, Prignachi e Mattinzoli nell’auditorium della Bcc Agrobresciano, a Ghedi. Molgora: «Migliaia di posti di lavoro con il piano per l’aeroporto, ma bisogna crederci La concessione autostradale scaduta a settembre: inspiegabile il ritardo del ministero»

Grandi speranze per lo sviluppo dell’aeroporto di Montichiari; qualche preoccupazione per il futuro di Centropadane (per via della concessione autostradale scaduta lo scorso settembre e per ora solo prorogata, senza certezze a medio termine); un appello bipartisan alle banche bresciane perché, nonostante la crisi – anzi, a maggior ragione – sostengano gli investimenti sul territorio provinciale «come non hanno mai fatto finora e come fanno invece regolarmente gli istituti di altre città»: sono i tre messaggi forti usciti dal convegno promosso dall’associazione culturale «La Fenice» che si è svolto l’altra sera a Ghedi, nell’auditorium della Bcc Agro Bresciano.

«Le infrastrutture motore di sviluppo della Bassa» il titolo della tavola rotonda moderata da Marco Bencivenga, vicecaporedattore di Bresciaoggi, e animata da cinque presidenti: Daniele Molgora (Provincia), Valerio Prignachi (Brescia Mobilità), Aldo Rebecchi (commissione «Società controllate e partecipate» del Comune di Brescia), Enrico Mattinzoli (Associazione Artigiani, socia Abem) e Carlo Ruggeri (Bcc Agro Bresciano).

Al centro di ogni discorso, fatalmente, l’aeroporto di Montichiari, «l’unico in Europa direttamente collegato a una stazione dell’Alta Velocità ferroviaria, oltre a Francoforte», come è stato ricordato (anche se per il momento è vero solo sulla carta), ma soprattutto il fulcro di un sistema di trasporti che entro qualche anno partirà da Milano per arrivare al lago di Garda grazie alla connessione fra Brebemi e Teb (la tangenziale esterna di Brescia già nota come «corda molle», in avanzato stato di realizzazione fra Ospitaletto e Montichiari), senza dimenticare la Metropolitana di Brescia e le sue possibili diramazioni in provincia, magari proprio fino a Ghedi, utilizzando i binari già esistenti (e poco utilizzati) della linea ferroviaria per Parma.

«Il D’Annunzio vanta una posizione geografica strategica e presto potrà contare su collegamenti estremamente funzionali, oltre che su prezzi del carburante più bassi del 20 per cento rispetto alla concorrenza grazie al collegamento diretto con l’oleodotto di La Spezia», ha sottolineato Molgora.

Brescia ci scommette da sempre e, superata la storica rivalità con Verona, è pronta a rilanciare la sfida con un piano industriale che – arrivato ai soci bresciani in bozza «top secret» venerdì pomeriggio – individua criticità, punti di forza e possibili margini di sviluppo dello scalo fino al 2020.

Che si tratti di una partita decisiva per l’intera economia bresciana lo dicono due dati su tutti: la capacità di creare nuovi posti di lavoro (da 1.000 a 3.200 ogni milione di passeggeri o 100 mila tonnellate di merci trasportate, considerate equivalenti) e la spesa media sul territorio attribuita a ogni passeggero in transito (da 120 a 370 euro, in base ai diversi criteri di calcolo) .

«Lo sviluppo dell’aeroporto di Montichiari richiede oggi investimenti pari ad almeno 20 milioni di euro, ma promette ritorni ancor più consistenti», ha spiegato Molgora, sostenendo che «il gioco vale senz’altro la candela», quasi si trattasse di attivare un moltiplicatore di soldi. Certo, bisogna crederci («Non basta volerlo, l’aeroporto, ma bisogna dapprima creare le condizioni perché una o più compagnie decidano di portare i propri voli al D’Annunzio, con gli opportuni incentivi, e poi garantire adeguati coefficienti di riempimento dei voli») e poi, «lo scalo bisognerà saperlo gestire». Altrimenti, tutti gli investimenti compiuti, anche per i collegamenti stradali e ferroviari, «andranno persi».

«Fondamentale sarà la complementarietà con Verona, tanto più da quando i soci scaligeri hanno capito che riempire il D’Annunzio è più conveniente che spendere per far crescere ulteriormente il Catullo», ha detto Molgora. «In realtà, la bozza del piano industriale che lega le due realtà prevede che due terzi delle risorse siano destinate a Verona e un solo terzo a Montichiari», ha precisato Mattinzoli. Ma la sensazione del presidente della Provincia è che «non si potesse ottenere di più».

E solo due anni fa una simile prospettiva era inimmaginabile: «Se il dialogo è ripreso è merito mio», ha rivendicato Molgora, e il primo a riconoscerlo è stato l’avversario politico Rebecchi (Pd), non altrettanto tenero con il precedente inquilino del Broletto: «Se dal 1999 al 2009 Montichiari è rimasto al palo, con ingenti perdite a carico della collettività, la responsabilità ha un nome e un cognome: Alberto Cavalli, l’ex presidente, che ha lasciato in eredità a Molgora e alla Provincia un passivo da 500 milioni di euro». Secondo Rebecchi «Cavalli ha lasciato morire il D’Annunzio, dopo che noi, il presidente Lepidi ed io, due pigmei della politica, eravamo riusciti a inaugurare l’aeroporto, impresa fallita per trent’anni a esponenti politici ben più autorevoli, come Martinazzoli e Boni o Prandini e Pedini».

Ora, però, è il momento di guardare avanti, ha riconosciuto lo stesso Rebecchi, e «la sfida potrà essere vinta solo con la partecipazione di tutti»: chi governa e chi fa opposizione, il mondo imprenditoriale, le categorie economiche e soprattutto le banche locali («A partire dalla più grossa: Ubi, finora assente»).

«Il territorio ci deve credere, anche per superare la sindrome da ristorante, quella per cui se un locale è vuoto non entra nessuno, se invece è pieno si fa la coda», ha rilanciato Molgora con una metafora.

«Specializzazione» è un’altra parola d’ordine della sfida: cargo, passeggeri o voli low-cost, Montichiari dovrà trovare quanto prima la sua strada, consapevole che il futuro passa obbligatoriamente da una gestione in attivo e che la soglia minima di sopravvivenza è fissata a 700 mila passeggeri l’anno (nel 2011 non arriveranno a 60 mila) o all’equivalente movimentazione delle merci.

Nel frattempo, fondamentale sarà il futuro di Centropadane, «società che realizza tutte le opere che la Provincia e i Comuni non possono finanziare a causa dei limiti imposti dal Patto di stabilità», ha ammesso Molgora. «La finanziaria di fine 2009 prevedeva che entro marzo 2010 fossero esposte le regole e indette le gare per tutte le concessioni in scadenza, a partire da Brennero e Centropadane – ha ricordato -. La politica aveva fatto la sua parte, la burocrazia del ministero delle Finanze ha fermato tutto e non mi so spiegare perché». «Se non ci riesce Molgora, che è stato sottosegretario proprio in quel ministero, cosa possiamo pensare, io che sto all’opposizione e i cittadini?», si è chiesto Rebecchi, definendo «il fattore B» il vero limite del sistema Italia. «B» minuscola, per una volta: non Berlusconi, ma la burocrazia.

(BSOGGI)

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