QUANDO A FALLIRE E’ UN ARTIGIANO aprile 2003

Mattinzoli: «A Brescia interpretazioni restrittive»

«Fallimenti e procedure concorsuali hanno creato, negli ultimi mesi, una situazione molto difficile per molte imprese artigiane e a migliorarla non valgono norme, prassi e giurisprudenza relative alle procedure concorsuali».

L’Associazione Artigiani a questo proposito, richiama l’attenzione del mondo giudiziario, di quello economico e di quello politico sul trattamento giuridico riservato alle imprese artigiane relativamente a questi aspetti. Le imprese artigiane, com’è noto, godono, in base alle norme del Codice Civile (art. 2751 bis) di un privilegio generale in ordine ai crediti, ma per godere di tale privilegio devono dare prova della loro iscrizione alla Camera di Commercio.

Sin qui nulla di eccezionale, ma la prassi giurisprudenziale invalsa presso gli organi giudiziari di Brescia e Milano – sottolinea una nota dell’Associazione Artigiani – richiede alcuni parametri quantitativi e dimensionali tratti dalle dichiarazioni dei redditi e dichiarazioni Iva dell’anno della fornitura e di quello precedente; i limiti per l’ammissione al privilegio sono individuati, dal Tribunale di Brescia, nei trecento milioni di lire (euro 154.937,07) di investimento nella ditta individuale (o per ogni socio della s.n.c.) e nel miliardo di lire (516.456,90) di fatturato Iva nella ditta individuale (o per ogni socio lavoratore nella s.n.c.).

Il Tribunale di Brescia, inoltre, ha elaborato ulteriori limiti, quali l’inserimento, nell’oggetto dell’attività d’impresa, della “commercializzazione”, oppure la ricorrenza di notevoli acquisti di servizi da terzi ed altri ancora. «Parametri – fa notare Enrico Mattinzoli, presidente dell’Associazione Artigiani – incompatibili con la natura artigianale dell’impresa, la quale non può svolgere attività commerciale e deve prevalentemente alimentarsi del lavoro dell’imprenditore». Queste interpretazioni, sottolinea l’Associazione, sono possibili in quanto è sbagliato il quadro normativo che presiede all’attività artigianale.

Le conseguenze di tale fatto sono chiaramente intuibili: l’artigiano, in sede fallimentare, si trova esposto al rischio di vedersi ammettere al fallimento quale mero creditore chirografario. «La situazione – sottolinea Mattinzoli – appare particolarmente grave nel contesto del distretto giudiziario bresciano, nel quale spesso unico criterio di indagine per la qualificazione dell’impresa come artigiana è legato all’ammontare del fatturato». In questo contesto trova spazio anche una riflessione sull’azione revocatoria fallimentare, con l’artigiano che molto spesso, nel contesto di fallimenti di medie e grandi imprese, si trova esposto al rischio di dover far confluire nello stato passivo fallimentare quanto ricevuto, a titolo di corrispettivo di servizi resi e prezzo di vendita di manufatti, anni prima, in situazioni economiche anche molto differenti. «Ciò – evidenzia Mattinzoli – espone l’artigiano a rischi imprenditoriali elevati e lo pone nella condizione di poter investire liberamente quanto già incassato».

Da qui l’appello dell’Associazione Artigiani affinché si intervenga con opportune variazioni della norma.

(GdB)

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