L’ASSESSORE MATTINZOLI SI RIVOLGE AL MINISTRO PECORARO SCANIO ottobre 2007

«Troppi 90 giorni per poter utilizzare gli inerti di demolizione» Imprese e Provincia in allerta

A sollevare il coperchio da questo «eccesso di burocrazia» è l’assessore provinciale all’Ambiente Enrico Mattinzoli che si farà portavoce di una situazione di malcontento piuttosto generalizzata nel nostro territorio.

Un affare da almeno 10 milioni di euro (per non parlare di un indotto complessivo quantificabile in 7mila imprese che impiegano 30 mila persone). A tanto ammonta il valore dei circa 800mila metri cubi di materiale inerte da demolizione che ogni anno (dati 2005) viene trattato da imprese bresciane e che oggi vengono messe in difficoltà da alcune disposizioni ministeriali. Al punto da vedere compromesso l’utilizzo, in tempi rapidi, del materiale in questione.

«A breve – spiega Mattinzoli – trasmetterò al ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio i dati sulla crisi che sta interessando le aziende che effettuano recupero di materiale inerte da demolizione». Mattinzoli non ha dubbi nell’indicare quale sia la causa scatenante del problema, ovvero la questione delle autorizzazioni al recupero e riutilizzo degli inerti. «Fino a giugno 2006 ci occupavamo personalmente di tali incombenze: a noi bastavano 10 giorni a rilasciare le autorizzazioni del caso, che valevano per tutti i cantieri dove il materiale in questione sarebbe stato impiegato».

Dopo le direttive ministeriali l’iter burocratico sembra essersi complicato oltre misura. «Le autorizzazioni – sottolinea l’assessore – arrivano da una Commissione, nel nostro caso con sede a Milano, che si riunisce soltanto una volta al mese. Ma non è tutto: prima del via libera occorrono 90 giorni e per ogni cantiere è necessaria una diversa certificazione, anche se il materiale ha la stessa provenienza».

Gli effetti sono immaginabili. «Lungaggini che danneggiano le aziende che, di fatto, vedono annullata la possibilità di recupero degli inerti derivanti da demolizione, che vengono di norma utilizzati per realizzare i sottofondi stradali». Con il risultato di veder aumentare l’impiego del cosiddetto «mistone» naturale di cava, materiale più pregiato e costoso. Questa situazione di stallo, oltre a preoccupare il mondo delle imprese di settore, rischia di avere ripercussioni anche sul recupero e sullo stoccaggio di rifiuti.

«Se gli inerti devono restare fermi per troppo tempo – precisa Mattinzoli – non solo si crea il problema di dove depositarli ma, se non si riesce a trovare il modo di impiegarli, vanno in qualche modo smaltiti». Qui entra in gioco la particolare classificazione che li vede catalogati come rifiuti. E, di conseguenza, «destinati alla discarica, a 10 euro la tonnellata, se non possono essere reintrodotti nel mercato. Contravvenendo così a quei principi che vorrebbero incentivare il recupero dei rifiuti». Potrebbe stupire come mai, trattandosi di una normativa 2006, il bubbone sia scoppiato solo adesso. «In realtà – spiega Mattinzoli – siamo in ritardo con le comunicazioni, anche perchè speravamo in qualche adeguamento ministeriale». Adesso che il tempo degli indugi è finito non resta che rivolgersi a Pecoraro Scanio.

(GdB – ro.ramp.)

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