GLI ACQUEDOTTI IN MANO PUBBLICA? «A BRESCIA È PREVISTO DALLE NORME» giugno 2007

Enrico Mattinzoli, assessore provinciale all’Ecologia, assicura la tutela dalla privatizzazione

La «statalizzazione degli acquedotti» e lo smantellamento della legge Galli previsti nel subemendamento alla legge Bersani votato l’altro ieri alla Camera, non avrà alcun effetto sulla nostra provincia.

Lo assicura il presidente del comitato ristretto dell’Autorità d’ambito territoriale ottimale (Aato), l’assessore provinciale all’Ambiente Enrico Mattinzoli: «Noi siamo già riusciti ad ottenere una normativa all’avanguardia rispetto al panorama nazionale. La titolarità degli acquedotti e delle infrastrutture resterà in mano pubblica in tutte le tre aree omogenee previste. La gestione di queste reti è stata affidata ad un ente pubblico-privato, ma il controllo degli interventi da effettuare e dei costi carico del cittadino è nelle mani dell’Aato, al quale fanno capo tutti i 206 comuni».

Insomma, sarebbero bresciani sono già tutelati dalla «privatizzazione dell’acqua» prevista dalla legge Galli del 1994, che imponeva l’affidamento a società di gestione private, tramite gara pubblica, dell’intero ciclo delle acque (captazione, distribuzione, depurazione), determinando in molte città italiane una impennata incontrollata delle bollette. Impennata che avrebbe dovuto corrispondere a pozzi e fognature più efficienti. Legge che verrà smantellata definitivamente qualora il subemendamento proposto da Verdi e Rifondazione passerà anche al Senato.

«Grazie ad un lungo braccio di ferro con la Regione – prosegue Mattinzoli – abbiamo ottenuto che la nostra vasta provincia venisse suddivisa in tre zone: tutti gli acquedotti e le fognature sono di proprietà pubblica, la gestione è stata affidata ad una società pubblico-privata, strettamente controllata dall’Aato. Cosa più importante: i ricavi delle bollette verranno rinvestiti sul territorio con la realizzazione di nuove infrastrutture, nuove, fognature, acquedotti più efficienti».

Ricordiamo che la gestione dell’intero ciclo integrato delle acque sul Garda è stata affidata alla multiutility Garda Uno; nella zona centrale della provincia (Brescia, Valsabbia, Valtrompia e Bassa) ad Asm, mentre non è ancora stata individuata una società ad hoc per la zona ovest, Sebino-Vallecamonica, che dovrebbe essere gestita da una sinergia tra comuni, Cogeme e Vallecamonica Servizi.

Proprio in Valcamonica è più forte che altrove la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua. Simbolo della ribellione sono i tre piccoli comuni di Ceto, Cimbergo e Malegno, che hanno rifiutato di aderire all’Aato, scatenando le ire della Regione, che in aprile ha nominato «commissario ad acta» il dirigente del Pirellone Loredana Faiola: in sei mesi dovrà «piegare» la volontà dei comuni ribelli deliberando la loro adesione all’Autorità d’ambito territoriale ottimale prevista dalla legge Galli.

«Probabilmente non hanno ben capito il vantaggio di aderire all’Aato – chiude Mattinzoli -: se le tariffe dell’acqua subiranno un lieve aumento, nello stesso tempo l’Aato investirà decine di milioni di euro per migliorare il sistema fognario della Valle, ancora carente. Qualora questi comuni non dovessero aderire all’Aato dovranno trovarsi loro i soldi per le nuove fognature». L’Aato pensa di investire nei prossimi 20 anni una cifra pari a 715 milioni di euro. Dove? Nella realizzazione di depuratori e fognature efficienti, visto che ben il 50% degli scarichi bresciani oggi non è trattato, e nel rifacimento di reti acquedottistiche vecchie, che registrano perdite fino al 40% di acqua potabile.

(BSOGGI – Pietro Gorlani)

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