RAPPRESENTANZA, MATTINZOLI RILANCIA LA SFIDA PER LE IMPRESE (BSOggi – A. Dessì) gennaio 2013

Mattinzoli al tradizionale incontro con la stampa

«Se non saremo in grado di federare le forze, nell’arco di un decennio le organizzazioni diventeranno realtà che non fanno il loro vero mestiere» 

L´artigianato soffre, per contrastare le difficoltà non si può che passare per un ripensamento del ruolo e dell´azione delle organizzazioni di categoria. Ne è convinto il presidente dell´Associazione Artigiani, Enrico Mattinzoli: in occasione del tradizionale appuntamento di inizio anno pone ancora una volta al vertice delle priorità la questione della rappresentanza unica, la sola in grado di garantire un´«influenza forte» anche sulle scelte della politica. Un appello già lanciato in passato ma che, alla luce della complicata situazione economica, rinnova con più forza. E ritenendo la presenza di Confindustria, la più rappresentativa realtà associativa del Paese, oltre che a livello provinciale, essenziale per la riuscita del progetto. 

«Grazie alla condivisione con alcuni politici bresciani, Davide Caparini e Guido Galperti in primis, come Associazione Artigiani abbiamo ottenuto risultati importanti sul fronte delle proposte relative ai contratti di inserimento, al lavoro a chiamata e alla detassazione degli incrementi di produttività. Pensate a cosa avremmo potuto fare se ci fossimo presentati uniti, su posizioni che interessano tutte le imprese», continua Mattinzoli. Affiancato dal direttore, Paolo Gerardini, dal vice presidente vicario, Alberto Vidali, dal vice Bortolo Agliardi, dal direttore di Artfidi Lombardia Francesco Gabrielli, e dal membro di Giunta Luigi Marchini, definisce «inesistente» il ruolo di Rete Imprese Italia. A livello nazionale, «ma anche e soprattutto» locale.

L´obiettivo, ad esempio, si potrebbe perseguire iniziando da quanto proposto dal presidente di Apindustria (e Confapi), Maurizio Casasco, più volte in campo con posizioni analoghe e grande sostenitore dell´apertura di un ufficio «comune» che consenta di accedere ai finanziamenti europei. Un altro «modello», già operativo, di supporto condiviso a un unico rappresentante è quello di Abem, dove Giuliano Campana, leader del Collegio Costruttori e voce «unica e autorevole» ha saputo, e continua a saper rappresentare idee comuni. «Se non saremo in grado di federare le forze a prescindere da chi ci rappresenta – dice ancora Mattinzoli – nell´arco di una decina d´anni le organizzazioni diventeranno realtà che forniscono ottimi servizi, ma non fanno il loro vero mestiere: agevolare e tutelare le aziende». Realtà produttive che, precisa, sono alle prese, più che mai, con difficoltà, strette tra continui cali di fatturato (tra il 12 e il 35%), aumento dei costi fissi, oneri aggiuntivi come Imu e Tares e un´inquietante impennata della concorrenza sleale. «Persino l´attività dei Confidi è scesa di quasi il 30%», stigmatizza Mattinzoli richiamando le forti preoccupazioni suscitate dal continuo ampliarsi della forbice tra le richieste di risorse per liquidità (quasi il 65%) e quelle per investimenti.
Gli altri snodi strategici per guardare al futuro, per il presidente dell´Associazione Artigiani, non possono che essere la promozione delle reti di impresa per le piccole imprese, in particolare per aggredire il mercato estero («per questo occorre la capacità di mettersi insieme»); oltre a un´azione di marketing più incisiva e programmata. Senza dimenticare una decisa accelerazione sul fronte delle tempistiche che riguardano le concessioni. Inutile dire che tutto dovrà passare per una politica «più consapevole e capace», a Roma come nel bresciano. «Porteremo all´attenzione del Comune una serie di proposte per costruire un confronto serio sul tema del sostegno alle imprese», dice a chiare lettere Mattinzoli. Ai candidati alle prossime amministrative chiede in impegno a favore dell´istituzione di un vero e proprio tavolo permanente sulle questioni economiche della città.
E la famosa «macro-regione»? Il leader dell´organizzazione di via Cefalonia non entra nel merito della proposta leghista di trattenere il 75% del gettito sul territorio lombardo, ma auspica una «maggiore chiarezza» su come vengono gestite le risorse. «Non si comprende – conclude – perché in Lombardia resta oggi solo il 66% delle imposte pagate, mentre in Piemonte ne rimane l´86% e in Sicilia addirittura il 120%».

 

 

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