CANONE “SPECIALE” RAI PER I PC E L’I-PAD DELLE AZIENDE? ARTIGIANI SUL PIEDE DI GUERRA MATTINZOLI CHIEDE L’ESCLUSIONE DALL’OBBLIGO febbraio 2012

«Il canone anche per il Pc dell’impresa e persino per i videocitofoni e i sistemi di sorveglianza?

Sarebbe davvero troppo per imprese che sono alle prese con la grave crisi di questi anni e cercano il rilancio». Non usa mezzi termini il presidente dell’Associazione Artigiani di Brescia e provincia, Enrico Mattinzoli nel commentare la vicenda.

«In questo febbraio 2012, numerose aziende e uffici hanno già ricevuto una lettera ufficiale da parte della Rai in cui si richiede il pagamento del canone TV per la detenzione di “uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive al di fuori dell’ambito familiare, compresi computer collegati in rete, indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti».

Questa notizia ha suscitato il comprensibile stupore degli imprenditori, dei commercianti e dei professionisti. La richiesta di denaro (andiamo dai 200 ai 6mila euro per realtà produttiva) si basa su un regio decreto del 1938, che prevede che “chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento dei canone di abbonamento».

La vicenda, che ha già dato il via anche ad interrogazioni ai ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Economia e finanze da parte di alcuni senatori, sta suscitando la più ampia protesta a livello nazionale.

«Ci uniamo all’attenzione al problema sollevato da Rete Imprese Italia – sottolinea Enrico Mattinzoli – nello stigmatizzare questa vicenda e chiedere l’esclusione da qualsiasi obbligo di corrispondere il canone in relazione al possesso di apparecchi che fungono da strumenti di lavoro per le aziende, quali computer, telefoni cellulari e strumenti similari.

Si tratterebbe, se confermata, di una vera e propria imposizione di tributo sul possesso che va a toccare qualsiasi dispositivo atto o adattabile a ricevere il segnale tv, inclusi monitor per il Pc, videofonini, videoregistratori, Ipad, persino sistemi di videosorveglianza. Una tassa, anzi una vera e propria nuova tassa sul lavoro, che colpirebbe 5 milioni di imprese italiane e studi professionali, proprio nel momento in cui ci si appella alla ripresa e alla necessità di informatizzazione, anche per il rapporto tra impresa e pubblica amministrazione.

Un onere assolutamente inaspettato e del tutto ingiustificato, soprattutto se ipotizziamo l’assurdità che nell’impresa o nello studio professionale, durante le ore di lavoro e con il ritmo che ben conosciamo, qualcuno si metta a guardare un film o una soap opera. Lo ripeto, tassare strumenti di lavoro come i computer in rete, per i quali già si versa un canone ai gestori di telefonia, è una scelta antieconomica, oltre che, probabilmente, illegittima».

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