«SE NON C’E’ IMPRESA, NON CE N’E’ PER NESSUNO» settembre 2010

Una lettera aperta al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

L’ha scritta Enrico Mattinzoli, a nome delle 13.700 imprese bresciane iscritte all’Associazione.

Ill.mo Presidente del Consiglio, le scrivo questa lettera aperta a nome delle imprese associate all’Associazione Artigiani di Brescia che occupano oltre 35.000 dipendenti e che ho l’onore di rappresentare.

Da un mese a questa parte, dopo il susseguirsi di notizie che indicano una probabile rottura della maggioranza, con pesanti ripercussioni alla governabilità del paese, cresce nelle imprese, e in quelle piccole in particolare, l’incertezza per il loro futuro, dei loro dipendenti e delle loro famiglie.

La preoccupazione nasce nel constatare che vi sia ancora qualcuno nel nostro paese che non si sia reso conto che riformare lo Stato attraverso l’attuazione del federalismo, la riforma fiscale, la sburocratizzazione e semplificazione, la riforma del welfare, la costruzione di nuove e più moderne infrastrutture, siano interventi non solo necessari, ma essenziali per poter competere ad armi pari con i nostri concorrenti sui mercati mondiali. Forse qualcuno non ha ancora capito che è attraverso la creazione di ricchezza da parte delle imprese che è possibile sostenere e sviluppare l’occupazione, ridurre la tassazione, garantire gli ammortizzatori sociali.

Se non c’è impresa non ce n’è per nessuno! Purtroppo, però non bastano più la fantasia, l’inventiva, la determinazione e l’ottimismo, tipico dell’imprenditore italiano, a rimediare ai vuoti di certa politica; come avviene nel resto d’Europa, il paese deve correre a fianco delle imprese anziché intralciare il loro lavoro.

È necessario creare le condizioni perché capitali e imprese estere trovino conveniente investire nel nostro paese, ma al tempo stesso evitare che il nostro sistema industriale disinvesta andando oltre confine per questioni di competitività /produttività e certezze ( il caso Fiat è emblematico).

Le aziende non si trattengono per decreto! Le imprese, gli imprenditori, piccoli o grandi che siano, sono poco interessati alle conte di chi sta con chi, ma valutano i risultati e lo fanno senza pregiudizi, e con una lucidità che solo chi rischia ogni giorno del suo può avere. Il paese, anche se compatibilmente con i tempi e le modalità /difficoltà tipiche del nostro sistema, pare aver imboccato finalmente la via della modernizzazione.

Ecco perché è inspiegabile che, per questioni che facciamo  fatica a capire, ma che certamente hanno poco a che fare con il bene del paese, questo processo possa essere interrotto. L’Italia per ripartire e non avviarsi inesorabilmente verso la deindustrializzazione ha bisogno di riforme coraggiose, certamente impopolari, ma che solo la stabilità politica può garantire. Posizioni volte ad ostacolare il processo di modernizzazione sono per gli imprenditori inspiegabili, ma soprattutto inopportune nella delicata situazione in cui si trova il paese.

È oggi che ci giochiamo il futuro dell’Italia! Le riforme vanno fatte ora o mai più! Il paese ha bisogno di tutto meno che di una crisi di Governo. Questa politica non ci piace! L’impresa ha bisogno di certezze per poter programmare investimenti e, al tempo stesso, l’Italia deve poter essere autorevole e credibile nel mondo come lo sono i nostri prodotti. La posta in gioco è troppo importante per lasciare le sorti della Nazione in mano a mediatori, pseudo ambasciatori, portavoce o paggi di corte; il compito (riconosco non facile) di ricucire lo strappo all’interno della maggioranza, spetta a Lei, poiché è su questo fronte che il vero statista fa la differenza.

Lei signor Presidente, con la Sua matrice di imprenditore, ha quindi l’obbligo di cercare in prima persona (Lorenzo De’ Medici così avrebbe fatto) un accordo, facendo, se necessario, qualche passo indietro, guardando oltre il suo legittimo orgoglio personale, ma garantendo al paese un futuro. Certo gli imprenditori continueranno comunque ad alzarsi ogni mattina con idee nuove, progetti e sogni… ma fino a quando?

Con viva cordialità, Dott. Enrico Mattinzoli

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