LE RICETTE DEI TECNOCRATI FUNZIONANO SOLO SULLA CARTA

 E’ passato un anno dall’avvento dei tecnocrati alla guida del Paese. Una tecnocrazia anomala la nostra, dove i tecnici, voluti dalla politica e dalla “disperazione”, in un particolare e difficile momento storico ed economico, hanno illuso di poter trovare soluzioni nuove a problemi vecchi. Così non è stato, la situazione economica non dà segni di miglioramento e le aziende e con loro l’occupazione cadono sotto i colpi della crisi.

Per un anno, tema di confronto e di dibattito è stato lo scostamento dei rendimenti dei titoli di stato tedeschi e quelli italiani; quasi a voler identificare una linea di demarcazione tra crisi e ripresa dettata dall’andamento dello spread. Il “successo virtuale” del Governo dei Professori quindi, legato non al miglioramento dell’economia reale, ma all’abbassamento del differenziale. Disoccupazione, diminuzione del potere di acquisto, tassazione da record ed una riforma delle pensioni ingiusta e vergognosamente classista, che ha saputo penalizzare, con la tipica inadeguatezza di chi non conosce la realtà quotidiana, le classi più deboli, peggiorando la vita degli italiani.

Eppure, nonostante un coro europeo di consensi, la ricetta dei professori non ha funzionato, l’accresciuta fiducia da parte degli Stati europei e degli Usa nel nostro Governo, i minori interessi sul debito pubblico, non si sono tradotti per il nostro Paese in nuovi investimenti esteri ed in minor costo del denaro per le imprese. La situazione resta drammatica e il perdurare della crisi, senza alcuna prospettiva di miglioramento, diminuisce giorno dopo giorno la fiducia delle imprese e dei lavoratori nel futuro.

Le aziende, soprattutto quelle piccole, chiudono anche a causa di oneri che nell’ultimo anno , in particolare, hanno reso sempre meno conveniente ed economicamente sostenibile il fare impresa in Italia.

Le norme e le incombenze per le aziende, anziché diminuire sono aumentate, il peso di una burocrazia inefficiente, ha oramai paralizzato l’apparato produttivo, a dimostrazione che proiezioni, previsioni e studi hanno funzionato solo su schemi e assi delle ascisse e delle ordinate, ma non sull’economia reale. Alla necessità delle imprese di creare condizioni uguali a quelle che i nostri concorrenti hanno nel resto d’Europa, si è risposto con una cura del contenimento della spesa, senza incidere minimamente sugli sprechi, con il risultato di ulteriore impoverimento e disincentivo agli investimenti, che si traduce in aziende ferme che non producono reddito e interrompono il flusso di risorse che alimenta le infinite necessità dello Stato.

Non era forse meglio prima pensare a come far ripartire la produzione e quindi l’occupazione, anziché procedere alla “ stabilizzazione depressiva” ? Eppure, da editorialista del Corriere della Sera non più tardi di un anno fa, il Prof Monti aveva ricette semplici, ovvie e vincenti che se applicate, a suo dire, avrebbero cambiato le sorti del Paese.

Tuttavia questo non esime da enormi responsabilità chi negli ultimi dieci anni non ha attuato alcuna politica industriale, riproponendoci ora, con chiaro intento elettorale, dubbie politiche di ripresa, con l’aggravante di aver votato tutti i provvedimenti recessivi dell’ultimo anno di vita parlamentare.

In conclusione, il fallimento dei seguaci di Saint Simon, hanno decretato che il governo degli esperti o delle élites in alternativa al governo degli eletti non ha funzionato. L’aver sottratto alla volontà popolare la scelta dei suoi rappresentanti, pur imperfetta che sia, legittimando il governo del “sapere” a scapito del governo della politica, non ha risolto i problemi, anzi li ha peggiorati, soprattutto a spese delle classi più deboli. Ritorni quindi la politica quella più nobile, e i tecnici tornino a svolgere il loro lavoro di supporto ai rappresentanti del popolo.

Enrico Mattinzoli (10.02.2013)

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