LA POLITICA ITALIANA E IL RITORNO AL TEMPO DEI NOTABILI

La rappresentazione dei partiti nell’opinione pubblica è sempre più delegittimata, sempre più lontana dal comune sentire e “l’apparato” politico viene oramai percepito come inutile e parassitario per la società, ma utile a se stesso e alla sua sopravvivenza.

I partiti dal canto loro non sono più in grado di rappresentare e di dare rappresentanza alle richieste del cittadino, venendo meno la loro capacità di organizzare la società, trasmettere senso di appartenenza, identità, ma soprattutto valori.

Venendo meno questo legame, che per anni ha garantito un filo diretto tra dirigenti di partito, militanti e cittadini, si è interrotto, anche quel rapporto di comunicazione e contatto attraverso i canali tradizionali fatti di riunioni, incontri, convegni, stampa di partito, sostituiti dal contatto mediatico/telematico efficiente quanto freddo e impersonale.

E’ in questo quadro di crescente scollegamento che la figura del “cittadino critico” prevale su comportamenti tipici del passato, dove fiducia e consenso lo rendevano, se non partecipativo, certamente più attivo nei confronti dei partiti e della politica in generale.

L’atteggiamento critico e all’apparenza disinteressato, non significa però disintegrato; il “cittadino critico” è un cittadino insoddisfatto rispetto alle risposte che la politica sempre più spesso non da o non è in grado di dare, ma al tempo stesso questo atteggiamento non pregiudica principi, valori e ideali che lo vedono sempre più protagonista nell’impegno sociale e civico.

Certo, la nostra è una società sempre più complessa e quindi più difficile da governare, dove scelte o non scelte del passato pesano e quel che è peggio peseranno sulle future generazioni, ma la crescente insofferenza sociale aumenta il divario tra chi governa e chi subisce scelte improvvisate, promesse non mantenute e miracoli annunciati.

Assistiamo quindi ad una politica malata in un ‘Italia sana, dove chi sostiene che la classe politica non è altro che la rappresentazione del Paese, non solo non lo conosce , ma non conosce la storia.

Fino al 1920 circa la politica dei partiti era riservata a notabili e borghesi, che al tempo stesso detenevano il diritto di eleggere i rappresentanti politici; successivamente il processo inclusivo dei cittadini, allargando la possibilità di partecipazione, anche elettorale, (escludendo ovviamente la parentesi del ventennio) attraverso il suffragio, danno avvio ad un processo di istituzionalizzazione della politica di massa.

I partiti connessi alla società, attraverso un rapporto di ampio coinvolgimento collettivo e con una presenza costante sul territorio.

Il resto è storia recente, dalla seconda metà degli anni 80′, dove un minor peso dei partiti tradizionali si traduce in volatilità elettorale ed in una contestuale nascita di nuovi soggetti di rappresentanza come quelli ambientalisti piuttosto che locali come la Lega.

E’ da questo momento in poi che la deriva dei partiti diviene sempre più marcata e dove ad una società che cambia profondamente si contrappone una classe politica, che con linguaggi e atteggiamenti del passato, non fa che accelerare il processo di auto smantellamento.

Un ritorno quindi a quegli anni 20′ del secolo scorso, dove erano i notabili del tempo a scegliersi e decidere chi doveva sedere in Parlamento, in un processo esclusivo simile a quello attuale, dove l’unica differenza con il passato è un’abissale mancanza di cultura, arricchita da altrettanta arroganza e incompetenza.

In questo contesto, la necessità di cambiamento si traduce nella richiesta di soggetti politici nuovi, con “leader dal volto nuovo” che sappiano paradossalmente trasmettere valori prima ancora che programmi.

Ed è questo il punto: rinnovare, trasmettere fiducia, accendere speranze ovvero, l’antidoto all’apatia politica che colpisce indistintamente giovani e meno giovani.

Ecco quindi personaggi come Renzi, Salvini, Alfano che, senza voler entrare nel merito di capacità e posizioni politiche, trasmettono (magari non sempre), un’idea di nuovo e dove personaggi come il sindaco Tosi, a prescindere dalle appartenenze politiche, viene votato per ciò che ha dimostrato di saper fare.

Probabilmente il nuovo potrebbe anche non essere all’altezza delle aspettative, ma per alcuni personaggi (senza volerne fare una questione anagrafica) che siedono in Parlamento da oltre trent’anni, forse è arrivato il momento di “lasciar provare” anche ad altri, dando al tempo stesso ai cittadini la parvenza di partecipare, scegliendo i propri rappresentanti.

Intendiamoci, in quel vivere di politica di Weber si ritrovano (sia a destra che a sinistra) tanti politici per bene e preparati e sarebbe quindi ingiusto generalizzare.

Una cosa è certa, tra le tante incertezze degli italiani su chi e come votare, una certezza pare l’abbiano maturata: quella su chi non votare!

Enrico Mattinzoli (08.10.2012)

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